philosophy and social criticism

No future, Kari Hotakainen

Marco Dotti

Kari Hotakainen, Via della trincea, traduzione e postfazione di Nicola Rainò, con uno scritto di Paolo Nori, Iperborea, Milano 2009.

I reduci delle “vecchie” guerre non comprendono certe parole. “Consultorio”, “affidamento condiviso”, “ordinanza restrittiva”, “diritto di visita”, ai loro orecchi suonano strane, quasi fossero parte di una terminologia da burocrazia carceraria. Eppure per Matti Virtanen, protagonista dell’ultimo romanzo del cinquantaduenne finlandese Kari Hotakainen, un fil rouge unisce chi ha combattuto nella Grande Guerra per affermare l’indipendenza della Repubblica di Finlandia e chi, a ridosso degli anni Novanta del secolo scorso, si è trovato a ingaggiare una ben più prosaica resistenza sul “fronte domestico”, tra litigi familiari, separazioni e aule di tribunale. Quando viene lasciato dalla moglie e dalla figlioletta, l’ex rockettaro e magazziniere un po’ sfaccendato Virtanen decide di imprimere una svolta alla propria vita. Unico obiettivo, riconquistare figlia e moglie dando loro ciò che – invano – avevano sempre chiesto: una nuova casa.

Mosso da vero e proprio fanatismo immobiliare, Virtanen lavora sodo, risparmia, arrotonda lo stipendio per raccimolare i soldi necessari ad accendere un mutuo. Corre senza sosta e si lava con i residui dello shampoo trovati in saune e palestre ma, soprattutto, studia. Studia tutto quello che abbia una qualsivoglia attinenza con la sua nuova ossessione. Riviste specializzate, articoli di psicologi che spiegano quanto sia impagabile la felicità di coloro che possiedono un giardinetto, manuali sul restauro delle tubature idrauliche, siti internet di agenzie immolibiliari, tutto. In poco tempo, Virtanen diventa un vero e proprio esperto, deciso a ricostruirsi una vita e a vendicare i numerosi caduti del fronte domestico.

«Nella mia guerra di morti ce ne sono stati parecchi», pensa, «ma dato il suo carattere confidenziale non è possibile conoscerne la cifra esatta. Meglio parlare di caduti: caduti sul bordo della strada, sul pavimento delle birrerie, davanti alle macchinette mangiasoldi, nei consultori familiari». A poco a poco, oltre alla crescente certezza di avere costruito la propria esistenza sui miti più ingenui del ribellismo giovanile – miti marchiati a fuoco dallo slogan «non so cosa voglio, ma so come ottenerlo» del profeta del punk Johnny Rotten – nel protagonista di questo romanzo amaramente grottesco si fa strada l’idea che l’economia di mercato altro non sia che uno «pseudonimo dei lavori forzati». Perché indebitarsi all’inverosimile e finire di pagare la “propria” casa – morte permettendo – solo verso gli ottanta anni? Perché martoriare continuamente l’erba del prato, seminare gladioli, vivere nell’ossessione dell’ordine e passare le sere a litigare con una moglie che non si accontenta della casa che ha? Dopo avere cercato in lungo e in largo, Virtanen capisce che solamente in Via della Trincea troverà pace. Lì si trovano le casette dei reduci della Prima Guerra mondiale. A loro una casa è stata pur sempre trovata dalle autorità, ma ai nuovi “Reduci del fronte domestico” sono stati concessi solo sogni e mutui. Enrambi andati in fumo. Occorre garantire un passaggio di consegne, ed è precisamente a questo che Virtanen lavora, prima della catastrofe. Un romanzo intenso, una satira sociale a tratti divertente, ma sempre con una sottotraccia amara, su una generazione che, parafrasando Rotten, forse non ha mai saputo che cosa volesse, ma certamente ora non sa più neppure come ottenerlo.

[da il manifesto, 18 novembre 2009]

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