Teatro di scimmie
Walter Benjamin
Teatro di scimmie – per gli adulti questa espressione ha un che di grottesco. Una caratteristica che le mancava quando la sentii per la prima volta. Ero ancora piccolo. Che le scimmie nel contesto della piú insolita delle cose – il palcoscenico appunto – dovessero essere insolite, non risaltava. La parola teatro mi attraversò il cuore come uno squillo di tromba. La fantasia si risvegliò all’improvviso. Ma la traccia che segui, non fu quella che conduceva dietro il palco e in seguito indirizza il fanciullo, ma quella degli esseri felici e saggi che avevano convinto i propri genitori a lasciarli andare a teatro di pomeriggio. Vi si accedeva attraverso una breccia nel tempo, infrangendo quella nicchia del giorno che era il pomeriggio e nella quale già si sentiva l’odore della lampada e dell’andare a letto. Non per lasciare spaziare lo sgúardo sul Guglielmo Tell o sulla Bella Addormentata, – o comunque non solo per questo scopo. Piú elevato era l’altro: stare seduti in teatro fra gli altri presenti. Cosa mi aspettasse non lo sapevo, ma indubbiamente l’assistere mi sembrava solo una parte, anzi il prologo di un comportamento ben piú significativo, che avrei condiviso con altri. Non sapevo di che tipo fosse. Certamente riguardava le scimmie al pari della compagnia più provetta. D’altra parte, la distanza dalla scimmia all’uomo non era piú grande di quella dall’uomo all’attore.