philosophy and social criticism

“Vorrei scrivere qualcosa col sangue”. Nota su Cioran

"Emil Cioran"

di Francesco Paolella

Emil Cioran, Lettere al culmine della disperazione (1930-1934), a cura di Giovanni Rotiroti, traduzione di Marisa Salzillo, Mimesis, Milano 2013.

leggi una lettera di → Cioran a Bucur tincu

Per chi conosce e ama leggere Cioran, questa raccolta di lettere degli anni Trenta sarà una conferma importante del fascino e della emozione che, immancabilmente, la sua scrittura, a un tempo “lirica” e “cinica£, non manca di regalare. In queste lettere dirette ad amici e compagni di studi vediamo quello sguardo infiammato sull’assurdità dell’esistenza calarsi nel quotidiano, e confrontarsi con esso, con i problemi della povertà e della “precarietà” di un giovane filosofo rumeno.

La vita a Bucarest da studente che combatte contro il freddo; quella “ritirata” provincia rumena, a combattere con la solitudine e la mancanza di un posto (nel mondo); infine, l’esperienza allucinata nella Germania dell’hitlerismo in ascesa (a cui pure Cioran si sottomette con grande passione); sono i tre scenari in cui si forma, prende sostanza la scelta cioraniana per la scrittura, per un “gridare” il proprio errare (come un fantasma, nel buio della notte, vittima dell’insomma), per accusare il mondo di averlo respinto, di non averlo integrato.

Cioran sperimenta nei primi anni Trenta il proprio allontanarsi dalla vita borghese, dalla possibilità di trovare rifugio in essa. Preferisce piuttosto accettare lo scacco come proprio destino, rinchiudersi in un angolo fatto di letture, per poter poi, paradossalmente, aprirsi al mondo appunto tramite lo scrivere. Non la scrittura “utile”, quella degli articoli creati senza passione:

“Per le riviste scrivo solo in funzione di un calcolo. Sono cosciente che gli articoli non hanno alcun particolare valore., sono semplici frammenti senza consistenza. E’ molto probabile che quest’anno inizierò seriamente a scrivere qualcosa in merito ai tormenti che continuano ad assillarmi” (p. 48-49).

Ecco la “malattia” di Cioran, contro cui Cioran reagisce: ciò a cui qui si riferisce diverrà poi Al culmine della disperazione (1934), libro formidabile e a suo modo rivoluzionario, nel quale riuscirà appunto ad esprimere quella rottura fra sé e il mondo.

Cioran si sente già vecchio. Pur essendo nato solo nel 1911, è già un anziano, ha già – addirittura – sperimentato la morte, la fine. Sta subendo le malattie della vecchiaia, si sente ormai separato dagli altri, dalle ambizioni di carriera e della vita. Un giovane “introverso” che si sente inutile, superato.

“Il sentimento più penoso dell’esistenza è sentirsi inutile. Non dimenticherò mai quello stato di totale estraneità che ho provato camminando da solo per le strade di Vienna, quando mi sono detto: ‘Sono un’esistenza ridicola’. Immagina la disperazione che mi si è mostrata dopo una tale constatazione” (p. 56).

In questo sguardo disamorato – proprio di un amante respinto – e disperato, il viaggio in Germania segno un punto di svolta essenziale. E non solo e non tanto per essersi lasciato conquistare da Hitler, dal clima esaltato di un popolo vinto dalla mistica e dalla propaganda naziste, quanto piuttosto per aver riconosciuto l’inanità di ogni alternativa, “progressiva” e democratica. Anzitutto e in particolare proprio per il suo popolo, per la Romania.

“Per quanto mi riguarda, solo un regime dittatoriale potrebbe ancora appassionarmi. Gli uomini non meritano la libertà. E penso tristemente alle persone come te, ed altri, che si spendono inutilmente nel fare l’apologia di una democrazia che, in Romania, non vedo a cosa potrebbe portare” (p. 71-72).

E’ noto come, in anni successivi, Cioran avrebbe poi ripensato e criticato questo suo “delirio” totalitario. Come troviamo scritto nei Quaderni (Adelphi, 2001), si tratta di una follia scelta per fuggire alla folle mediocrità di un vita mediocre. Si tratta di un ragazzo vinto da un fato di sofferenza e mosso dall’ineliminabile narcisismo che caratterizza ognuno, e in primo luogo proprio chi soffre.

La filosofia di Cioran è in questo senso una rivolta contro la contemplazione della filosofia, che pure sa calmare e consolare.

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tysm literary review, Vol 4, No. 7– juin 2013

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