philosophy and social criticism

Mircea Cărtărescu

M. D.

In romeno, la parola soartâ significa sorte, fatalità ma anche destino. Si tratta di un vocabolo che, ovviamente, ha una lunga e forse abusata tradizione ma che Mircea Cărtărescu affronta con cautela, solo dopo averlo messo al centro de lla trilogia visionaria di Orbitor – il suo progetto forse più ambizioso – il cui primo volume è stato pubblicato nel 2007 dalla Voland, nella traduzione di Bruno Mazzoni, con il titolo Abbacinante. L’ala sinistra.

Ci può spiegare le ragioni per le quali questa parola sembra starle tanto a cuore?

Non l’ho scelta per motivi di «ethos nazionale», ma direi piuttosto per ragioni di interesse «metafisico». In realtà, la parola soartâ e l’idea stessa di fata18072008_390463b6ffceb3a36fa7866679f8def6lità sono state usate a dismisura e si è addirittura arrivati a spiegare la psicologia romena servendosi di questo concetto. Si è detto che i romeni sono fatalisti, che hanno boicottato la storia – secondo una celebre espressione di Emil Cioran – ma io non credo nello specifico nazionale e non sono affatto convinto che esista un particolare sentimento romeno dell’esistenza, come pure scriveva il filosofo Costantin Noica. Per me la parola soartâ è affascinante in quanto nozione filosofica e visionaria che presuppone il futuro come già presente. Siamo ricompresi, chiusi nella nostra propria storia come insetti in una
goccia d’ambra.

Il processo di metamorfosi dell’individuo descritto in Abbacinante è parte di un percorso non solo letterario molto complesso…

dscn3697È vero, questo progetto non significa soltanto «letteratura». Salinger osservava che essere scrittore non è una professione, ma una religione. Per me la scrittura è un atto di fede, piuttosto che un’azione letteraria vera e propria. Mediante la scrittura cerco di comprendere il mondo interiore senza tenere conto del confine fra psicologia, scienza, arte o religione. Cerco di esprimermi compiutamente e sento di avere realizzato al meglio il mio desiderio nel romanzo Abbacinante. Questo romanzo è una cartografia
interiore, pressoché completa del mio universo.

Quanto le è costato lavorare a un progetto così ampio?

Il romanzo mi ha letteralmente tenuto in vita per quindici anni. Non ho provato nessun tipo di sforzo scrivendo questa opera, così come non si sente di fare uno sforzo quando si respira. Ho vissuto mediante il romanzo Orbitor , sono stato felice scrivendo e aggiungendo, giorno dopo giorno, un pezzetto al mio libro così come gli antichi pittori di affreschi inumidivano quotidianamente una piccola parte del muro, giusto quanto era possibile dipingere fino al crepuscolo. Si tratta di un libro che, in qualche modo, si è scritto da solo attraverso un processo che mi piace paragonare al modo con cui un bimbo si sviluppa nel ventre materno senza che la madre intervenga intenzionalmente in alcun modo.

Quello della farfalla resterà sempre un simbolo fondamentale, capace di di scrivere e al tempo stesso inscriversi nel destino dell’uomo. Si tratta di un’immagine naturale del nostro destino archetipico, come la farfalla noi possediamo un’esistenza dapprima terrena, larvale in qualche modo, poi ci chiudiamo nella crisalide tombale da dove speriamo di rinascere in forma «alata». Già per gli antichi greci la farfalla era il segno dell’anima: Psyché, dea dell’anima, era raffigurata come una ragazza con ali di farfalla. Sono innumerevoli gli scrittori e i filosofi che vi hanno fatto riferimento. Saranno ancora in molti a servirsi di questa immagine come paradigma del mondo, poiché è tipico della natura di un simbolo, di questo simbolo in particolare, essere usato senza estinguersi mai.

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ISSN:2037-0857