Un corpo ribelle. L’ultimo Artaud
di Francesco Paolella
L’editore Mimesis ha pubblicato, con la cura di Marco Dotti, Per farla finita con il giudizio di dio, testo esplosivo come pochi altri del Novecento. Antonin Artaud ha dato in quelle pagine un ultimo grido contro le leggi e la logica che governano il mondo. Si tratta – come i più sapranno – di un testo scritto da Artaud per la Radio francese, e con il quale l’attore/autore è tornato in qualche modo alla vita pubblica dopo gli anni terribili dell’internamento manicomiale.
La dirigenza della Radio bloccò però la trasmissione, prevista per l’inverno del 1948 (e soltanto poche settimane prima della morte dell’autore). Artaud cercò di far detonare, in una fusione poetica, una rabbia incontenibile contro la rispettabilità borghese e la violenza del capitale. Voleva lanciare una sfida liberante alla macchina del potere. Artaud – come possiamo leggere anche nella sua corrispondenza, qui riprodotta, tenuta nelle settimane in cui lavorava a Per farla finita con il giudizio di dio – dovette constatare il fallimento della sua battaglia («Questo affare della Radiotrasmissione è pietoso», pagina 140).
Artaud voleva rinascere attraverso una epifania scandalosa, essendo il ruolo proprio dello scrittore quello di scuotere il pubblico. La questione era enorme, ovvero quella di espellere il morbo del giudizio, e non soltanto quello di dio.
Sarebbe stato necessario espellere il male dal proprio corpo, come un escremento, riconquistando quello a una nuova purezza. L’essere umano – e la biografia di Artaud non fa che ricordacelo – è vinto dal dolore, che è, solo esso, davvero reale. Senza dio, senza la metafisica, senza le leggi razionali e castranti, gli uomini avrebbero iniziato però a credere negli uomini.
A questo scopo sarebbe occorso sperimentare un nuovo linguaggio, che desse conto di tutta l’energia nervosa e corporale della violenza necessaria a scardinare l’ordine violento del mondo.
«Perché bisogna finalmente decidersi a castrarlo,l’uomo.
– Come?
Come?
Da qualsiasi parte la si prenda, lei è pazzo ma pazzo
da legare.
– Facendolo passare ancora, per l’ultima volta sul
tavolo d’autopsia per rifargli l’anatomia.
Dico, per rifargli l’anatomia.
L’uomo è malato perché è mal costruito.
Bisogna decidersi a metterlo a nudo per grattargli via
questa piattola che lo rode mortalmente,
dio,
e con dio
i suoi organi,
Legatemi pure se volete, ma non c’è nulla di più
inutile di un organo» (pagine 86-87).
Queste pagine sono davvero un pugno nello stomaco e sembra di ascoltare la voce urticante di un uomo sconfitto eppure ribelle, impegnato a riprendersi il proprio nome e il proprio spazio di autore.
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