philosophy and social criticism

La servitù volontaria al tempo del management

Clotilde Doni

Michela Marzano, Estensione del dominio della manipolazione. Pamphlet, traduzione di Beatrice begni, Mondadori, Milano 2009.

Nella lettura di Max Weber, l’«avvento» di leader carismatici si concretizzerebbe in periodi di particolare «miseria psichica, etica e e economica». È nel deserto di questa vita psichica ridotta in polvere che il gruppo, reso docile, si rivelerebbe più adatto ad affidare possibilità irrevocabili di scelta pubblica a coloro che, in qualche modo, sembrano possedere le «qualità» per realizzare un «miracolo». Da un certo punto di vista, il leader è dunque una moderna figura esemplare. Come un santo che si muove, però, in un contesto secolarizzato, dispensa rimedi, offre consigli, trasforma le sue azioni in modelli immediatamente condivisi e, soprattutto, dispone di una visione del mondo senza concorrenti che farà di tutto per mettere in atto.

z3A tutti gli «altri», alla moltitudine incerta e spaesata, non resta che accodarsi e seguire, «magnetizzati» e confusi dalla spregiudicatezza del «capo», come nel racconto Mario e il mago di Thomas Mann. Se rileggiamo la vicenda della multinazionale statunitense Enron e, soprattutto, ne leghiamo ascesa e declino alla figura del suo «monarca» incontrastato, Jeff Skilling, dovremmo porci seriamente la questione se siamo davvero ritornati al tempo in cui ai dittatorelli e ai re – e spesso anche ai loro servili ambasciatori – si attribuivano eccezionali virtù e poteri taumaturgici. Non a caso, proprio Jeff Skilling, protagonista di uno dei crack finanziari più spettacolari della storia moderna – pari forse solo a quello della «bolla dei tulipani» che nel XVII travolse le borse europee -, era noto soprattutto per una cosa: la sua «visione del mondo».

La domanda, quindi, è lecita, anche a rischio di sembrare scontata. E la risposta, come osserva Michela Marzano nel suo ultimo libro Estensione del dominio della manipolazione, dedicato ai modelli «di successo» messi in campo dalla società della new economy, sembrerebbe positiva. La Marzano rilegge le migliaia di pagine di «letteratura manageriale» pubblicate negli ultimi anni, trattandole per quello che sono: trattatelli «morali», forme di teatralizzazzione delle questioni pubbliche trasformate così in stratagemmi para-machiavellici per camuffare interessi privati, ma anche aberranti tentativi di istituire legittimazioni e dispensare assoluzioni ai più deleteri processi di «gestione delle risorse umane» attraverso tecniche di argomentazione «neo-sofistica». Pagine dedicate, appunto, a diffondere (non certo ad analizzare criticamente) l’idea, alquanto pericolosa, che per condurre aziende, società e governi sia necessario abbandonarsi a relazioni e interazioni interpersonali basate su quello stato di permanente eccezione che, con Simmel, si potrebbe definire il «dominio carismatico». Un dominio basato sulla «frammentazione della personalità» e sulla sua collocazione in un continuo «stato di urgenza».

Si lavora «in stato di urgenza», si «vive in stato di urgenza», si pensa (il che equivale a non pensare affatto) in «stato di urgenza». Non è un caso che questo sfruttamento consensuale si presenti, nelle pagine studiate dalla Marzano, in forme simili a quelle descritte a suo tempo nel Discorso della servitù volontaria di Etienne de la Boétie. Manager e leader politici sono «guru ipermediatizzati» capaci di gestire questo disagio psichico e organizzarlo spesso secondo principi di «darwinismo sociale». Chi resiste a sovraccarichi di stress è, in questa logica, «degno» di accedere ai piani alti della palazzina del potere. Forse per questo il termine «meritocrazia» torna ossessivamente nei libri di management. E forse per questo, per assicurarsi il consenso, Skilling costringeva i dipendenti a pratiche outdoor: sport estremi attraverso cui valutare l’attitudine alla «volontaria servitù» e produrre conformismo. Perché il mercato, si evince dalla lettura del pamphlet della Marzano, alimenta un conformismo soft inquietante quanto, o più, di quello morale.

[da il manifesto, 1 agosto 2009]