Campionare la vita di Picasso
Marco Dotti
Mary Ann Caws, Pablo Picasso, traduzione di Alice Basso, prefazione di Arthur C. Danto, Bollati-Boringhieri, Torino 2009.
Nessuno, scriveva in una sua lettera Max Jacob, sarà mai in grado «di misurare il danno che i surrealisti hanno arrecato a Picasso». I surrealisti, secondo il poeta, avrebbero «ucciso in lui l’amicizia», prosciugandolo dopo troppi eccessi e abbandonandolo per sopravvenuta “sterilità emotiva”. Il Picasso «molto solo», ferocemente triste, addirittura umiliato che ci viene presentato da Jacob corrisponde solo in parte a verità. Ma per quella piccola parte di verità che contengono, le parole di Jacob risultano a modo loro interessanti. Non solo Max Jacob fu tra i principali e più intimi amici di Picasso nei suoi anni parigini, ai primi del Novecento. Jacob fu anche tra i pochi ai quali l’artista spagnolo guardasse con affetto immutato. Picasso era capace di forti passioni e di altrettanto forti distacchi, ma con le cose andarono diversamente anche se i loro universi persero presto ogni minimo referente comune. A legarli secondo Louis Aragon – che in Anicet ou le Panorama nel ’21 mise romanzescamente in scena il loro rapporto – era un «passato comune» di miseria e difficoltà. Un passato dal quale solo «le peintre Bleu»- così viene chiamato nel romanzo – era riuscito quasi giocosamente a sottrarsi, preferendo al contrario Jacob trasmutare la propria precarietà esistenziale in una bohème misticheggiante, al servizio di Cristo e del dio dell’etere e dell’oppio. Comunque la si voglia prendere, da qualsiasi aneddoto si voglia partire, scegliendo un po’ a casaccio fra i migliaia che la riguardano, la vita di Pablo Picasso fu soprattutto una vita di relazioni. Ed è su queste relazioni, segnate a eccessi e da emozioni smisurate, nel bene o nel male e spesso al di là di ogni bene e di ogni male possibili, che si concentra il lavoro di Mary Ann Caws.
Tralasciando – ma non troppo – le tappe formative, i luoghi di consacrazione artistica, e le scansioni cronologiche che hanno fatto della vita di Picasso una vita quasi esemplare, Mary Ann Caws si concentra invece su alcuni momenti di vita attiva e sulle relazioni fondamentali con alcuni fra gli amici più stretti dell’artista. Momenti e relazioni che, nella lettura della Caws, si presentano come altrettanti punti di “eccedenza”, tratti incontenibili di una biografia per altri versi fin troppo nota e abusata. Contrariamente a molti pittori – grandi e non sempre grandi – della sua epoca, scapestrati o isolati, Picasso fu un uomo capace di tessere e distruggere relazioni con una rapidità, un’intensità e persino una lucidità senza pari. Le sue amicizie, osserva l’autrice, furono celebri quanto i lo furono i suoi amici, ma lui riuscì sempre e comunque a essere il perno di quella che, non a caso, veniva e viene definita la bande à Picasso. Conducendo il lavoro attraverso i nessi affettivi e artistici con i copains del suo circolo, più che sulle sue numerose relazioni amorose o sul catalogo delle sue mostre, Mary Ann Caws si dimostra convinta che «esaminarle più da vicino rispetto a quanto si registra di norma nelle biografie tradizionali ci consenta, nel XXI secolo, di raggiungere una visione leggermente diversa di questa monumentale figura del Novecento». La Caws opera quindi dei campionamenti, cercando di indurre al movimento la figura “statica” dell’artista, così come è stata in genere consegnata al lettore dalle biografie monumentali che l’hanno interessata.
[da Alias – Supplemento del manifesto, 13 dicembre 2008]
Mary Ann Caws, Pablo Picasso, traduzione di Alice Basso, prefazione di Arthur C. Danto, Bollati-Boringhieri, Torino 2009. Nessuno, scriveva in una sua lettera Max Jacob, sarà mai in grado «di misurare il danno che i surrealisti hanno arrecato a Picasso». I surrealisti, secondo il poeta, avrebbero «ucciso in lui l'amicizia», prosciugandolo dopo troppi eccessi e abbandonandolo per sopravvenuta "sterilità emotiva". Il Picasso «molto solo», ferocemente triste, addirittura umiliato che ci viene presentato da Jacob corrisponde solo in parte a verità. Ma per quella piccola parte di verità che contengono, le parole di Jacob risultano a modo loro interessanti. Non solo Max Jacob fu tra i principali e più intimi amici di Picasso nei suoi anni parigini, ai primi del Novecento. Jacob fu anche tra i pochi ai quali l'artista spagnolo guardasse con affetto immutato. Picasso era capace di forti passioni e di altrettanto forti distacchi, ma con le cose andarono diversamente anche se i loro universi persero presto ogni minimo referente comune. A legarli secondo Louis Aragon - che in Anicet ou le Panorama nel '21 mise romanzescamente in scena il loro rapporto - era un «passato comune» di miseria e difficoltà. Un passato dal quale solo «le peintre Bleu»- così viene chiamato nel romanzo - era riuscito quasi giocosamente a sottrarsi, preferendo al contrario Jacob trasmutare la propria precarietà esistenziale in una bohème misticheggiante, al servizio di Cristo e del dio dell'etere e dell'oppio. Comunque la si voglia prendere, da qualsiasi aneddoto si voglia partire, scegliendo un po' a casaccio fra i migliaia che la riguardano, la vita di Pablo Picasso fu soprattutto una vita di relazioni. Ed è su queste relazioni, segnate a eccessi e da emozioni smisurate, nel bene o nel male e spesso al di là di ogni bene e di ogni male possibili, che si concentra il lavoro di Mary Ann Caws. Tralasciando - ma non troppo - le tappe formative, i luoghi di consacrazione artistica, e le scansioni cronologiche che hanno fatto della vita di Picasso una vita quasi esemplare, Mary Ann Caws si concentra invece su alcuni momenti di vita attiva e sulle relazioni fondamentali con alcuni fra gli amici più stretti dell'artista. Momenti e relazioni che, nella lettura della Caws, si presentano come altrettanti punti di "eccedenza", tratti incontenibili di una biografia per altri versi fin troppo nota e abusata. Contrariamente a molti pittori - grandi e non sempre grandi - della sua epoca, scapestrati o isolati, Picasso fu un uomo capace di tessere e distruggere relazioni con una rapidità, un'intensità e persino una lucidità senza pari. Le sue amicizie, osserva l'autrice, furono celebri quanto i lo furono i suoi amici, ma lui riuscì sempre e comunque a essere il perno di quella che, non a caso, veniva e viene definita la bande à Picasso. Conducendo il lavoro attraverso i nessi affettivi e artistici con i copains del suo circolo, più che sulle sue numerose relazioni amorose o sul catalogo delle sue mostre, Mary Ann Caws si dimostra convinta che «esaminarle più da vicino rispetto a quanto si registra di norma nelle biografie tradizionali ci consenta, nel XXI secolo, di raggiungere una visione leggermente diversa di questa monumentale figura del Novecento». La Caws opera quindi dei campionamenti, cercando di indurre al movimento la figura "statica" dell'artista, così come è stata in genere consegnata al lettore dalle biografie monumentali che l'hanno interessata.
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