philosophy and social criticism

Extravagante

Luciano Parinetto

(in stile ottocentesco pensando ad Heidegger)


Inutile aspettarla: mai non viene:

come potrebbe giungere se è un nulla

quale soltanto noi ci immaginiamo?

E non è detto che ci compia e inveri,

pur se lo affermano preti e filosofi:

come potrebbe farlo una menzogna?

È un “montaggio” la morte, sosteneva giustamente Pier Paolo Pasolini:

ma il caso ne è il regista ineluttabile.

A Bruno il rogo fece da “montaggio”

e fu un caso dai preti manovrato:

un caso, non la morte entificata;

nulla opera la morte: non esiste.

Se davvvero esistesse occorrerebbe

nominarla assassina e traditrice,

perché viene a interrompere nell’uomo – un progetto infinito – il suo disegno.

Ma non esiste: è sorella del nulla.

Moriamo prematuri, anche a cent’anni;

e per violenza, anche nel nostro letto.

Neppure è vero che spalanchi a noi

le porte a un altro mondo sempiterno:

il nostro solo – senza senso -esiste;

noi siamo, che gli diamo un nostro senso

nel progetto perpetuo che noi siamo.

Dire che morte c’è, perché in passato

sempre si è morti, è proprio come dire

che il futuro sarà come il passato:

ed è inverificabile, poiché,

per provarlo, dovresti esservi infine,

cosa del tutto assurda ed insensata.

Non mescolare dunque fatti e logica:

sono i fatti smentibili da sempre,

Hume lo sapeva bene, quando scrisse,

del levarsi del sole, che domani

potrebbe non ripetersi: è un’attesa

della fede sprovvista di ragione.

Lascia andare lo scheletro e la falce

(e le kazzate che si tiran dietro)

e progetta ogni giorno nel diverso

quanto autenticamente ti concerne:

se avverrà che tu muoia all’improvviso,

o dopo il lungo male, sarà eguale;

avrai tessuto la tua vita come

se un senso avesse pure nell’effimero.

E avrai vicino a te chi pure un senso

vi troverà, legandosi con te;

e il tuo ricordo forse serberà.

E se un giorno verrà che pure morte morte subisca, non meravigliarti:

la scienza fa miracoli, ma giova

che non immobilizzi il divenire,

con l’immortalità che potrà dare,

mummificando l’uomo dentro un essere,

congelato in se stesso e indiveniente,

ch’è fratello gemello della morte,

e gli vieta progetto ed apertura.

O, trafficando l’immortalità

col Kapitale, oppure assicurandola

solo ai suini del Potere e soci,

calpesti degli umani l’eguaglianza

che, nel diverso, li proclama identici.

Pur sul futuro non fingiamo ipotesi;

fossimo pure gli ultimi mortali:

questo non vieta che ci progettiamo

(perché è questo che fa dell’uomo un uomo),

e il presente mutiamo; ed evitiamo

di ispirarlo al passato, se non degno.

Luglio 2001

[Tratta da un manoscritto recante la firma “Anonimo bresciano”, la poesia è stata pubblicata nella raccolta postuma – a firma Luciano Parinetto  – dal titolo Ende kasillabi 1992, Gam Editrice, Rudiano 2004]