philosophy and social criticism

Il sesso degli angeli

Francesco Paolella

 

Il digitale, la rete, le nuove frontiere della pervasività pubblicitaria stanno compiendo una “rivoluzione tranquilla” che già mostra i suoi successi: i bambini di 9 – 10 – 11 anni sono già permanentemente interconnessi, i preadolescenti si mostrano sempre più precoci nel mettere in atto comportamenti sessualizzati; e si mostrano sempre più aderenti a stereotipi sessuali che fanno della discriminazione fra i generi e dell’uso “commerciale” del proprio corpo, due elementi naturali della vita sociale.

Quelli di cui si occupa questo libro sono ragazzi e ragazze che hanno fra le mani un’arma, lo smartphone, che normalmente viene regalato loro poco dopo la prima comunione. Più ancora che dalla televisione (a un tempo vecchia e modernissima), è dallo smartphone che passa il loro immaginario e viene costruita la loro stessa “immagine” individuale, è attraverso lo smartphone che vengono interiorizzati giudizi e conoscenze, in una osmosi continua fra online e offline.

Inutile dire quanto pesi la pubblicità (i cataloghi di abiti per bambini sono pieni di pose seduttive, sexy); ma è altrettanto pesante il ruolo della pornografia, il cui consumo (e, talvolta, la cui produzione amatoriale) è davvero di massa ed è considerato normale già alla fine delle elementari. Ed è inutile ricordare quanto conti oggi la popolarità fra i giovanissimi, quanto contino i like sotto una propria fotografia – la mancanza dei quali può portare a insulti e disprezzo da parte dei compagni.

Il contesto è ormai ben definito; non siamo davanti ad una apocalisse, ma senza dubbio lo scivolamento, iniziato soprattutto negli anni Ottanta, è impressionante. I preadolescenti di oggi sono figli della prima generazione cresciuta con la e dalla televisione commerciale. I loro genitori molto spesso non comprendono i rischi che corrono i bambini davanti a un programma televisivo; e, ancora più di frequente, non avvertono i pericoli che passano per la rete: i ragazzi sono alla fine abbandonati al loro stesso giudizio, anche perché spesso in famiglia non ci sono le competenze tecnologiche per esercitare protezioni e controlli.
Così i rischi della rete (l’adescamento a fini sessuali da parte di adulti, come la mancanza di controllo sulle proprie immagini più o meno “intime”) rimangono astratti: vengono enunciati dai genitori, ma non vengono ostacolati concretamente. Questo stato di abbandono, che si accompagna con la (relativa) libertà di cui dispongono i giovanissimi, produce una specie di ribaltamento: sono i genitori a inseguire i figli per essere illuminati sulle nuove tecniche di esposizione di sé, della propria immagine, su Facebook o su Telegram.

L’indagine di Cotrona, compiuta fra preadolescenti di diverse scuole romane, ci racconta cose che già possiamo facilmente intuire; ma allo stesso tempo è utilissima, perché ci ricorda il radicamento fra i ragazzi di stereotipi e pregiudizi, che si potrebbero pensare, se non estinti, almeno ormai residuali. Tutti sono, più o meno, “sessualizzati” e sempre “in vetrina”: ma le cose non funzionano allo stesso modo per i maschi e per le femmine. In comune maschi e femmine hanno una manifesta ignoranza (servirebbe davvero una nuova educazione alla sessualità!) sul proprio corpo e sul significato dei suoi gesti. Ma poi emergono differenze ancora molto forti: in sostanza, alle ragazze si chiede ancora di avere un’apparenza (però sostanziale) di castità e pudore. O meglio: tutto spinge le ragazze a dover essere precocemente seduttive ed attrattive, a dover essere docili nell’adeguarsi ai desideri dei maschi. Ma la loro (potenziale) libertà sessuale viene pur sempre limitata e stigmatizzata in ogni modo: il rischio è quello di subire lo stigma della “troia” e della “poco di buono” (e questo già a 10 – 11 anni) perché troppo disinibita e disponibile, e quindi “appetibile” solo come oggetto sessuale. E questa condanna è fatta propria in primo luogo proprio dalle stesse ragazze verso le coetanee. Esiste tuttora un feroce doppio standard che divide i destini di maschi e femmine: e, come dicevamo, oggi la popolarità sembra un potere assoluto. Sotto la superficie dell’emancipazione e della parità, è sulle ragazze che cade invariabilmente la colpa quando accade qualcosa di spiacevole (ad esempio, la diffusione di ritratti osé in rete) o di violento.

Qualche parola ancora sulla rete. I preadolescenti vivono sotto assedio: i tentativi di adescamento sono universali e massivi; e spesso essi non possono contare su alcun appoggio e su alcuna difesa se non su quelli dei propri coetanei. Non che non sia chiaramente percepito il rischio: quella della vendita di immagini pornografiche è un limite ben presente fra i ragazzi. Allo stesso modo, però, sembra ormai instaurata una logica di marketing totalitario attorno al proprio corpo, come bene appunto totalmente commerciabile: anche se non per soldi, sembra ormai naturale usare strumentalmente il proprio corpo e la sua immagine, per avere successo, sia pure, per il momento, nei corridoi di una scuola media.

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