philosophy and social criticism

Parakharaxon to nomisma. Il denaro di François Dagognet

parakharaxon to nomisma

parakharaxon to nomisma

di Marco Dotti

François Dagognet, L’argent. Philosophie déroutante de la monnaie, Les Belles Lettres, 2011.

Epistemologo e filosofo già allievo di Gaston Bachelard e Georges Canguilhem, nonostante i suoi sessanta e passa libri, in gran parte dedicati a una riflessione sugli oggetti, le loro possibilità e condizioni di esistenza nel mondo, François Dagognet è autore ancora poco noto in Italia. Nato a Langres, nell’Haute-Marne, nell’aprile del ’24, professore a Lione e Parigi, al cuore della sua oramai più che lunga ricerca, Dagognet ha sviluppato un percorso alquanto singolare nel campo di una disciplina da lui stesso definita «objetologie».

La filosofia, osserva, non si può limitare al solo lavoro sul «pensiero», non è «filosofia della filosofia», unicamente rinchiusa nel cogito, ma pensiero che nasce dall’incontro e forse anche dallo scontro con le cose. O, meglio, con gli oggetti e con il mondo tecnico-materiale che li ospita. Sulla distinzione tra oggetto e cosa, Dagognet ha insistito a lungo e a lungo investito la propria riflessione, spaziando in numerosi campi, dal giuridico all’artistico.

Questo suo ultimo lavoro, non fa eccezione. Posto al vertice della gerarchia, il denaro è un oggetto senza oggetto, paradossale perché (oramai) immateriale, ma concreto, come indicato dal sostantivo argent (moneta, argento), che in sé racchiude il passaggio – ampiamente indagato dall’Autore – dal metallo al segno, fino a diventare quella specie di «super oggetto» universale che rende possibile ogni tipo di transazione.

Senza entrare nell’attuale dibattito sulla crisi con strumenti da economista, Dagognet tocca però, alla sua maniera, en philosophe, alcuni nervi scoperti del pensiero economico che presiede alla crisi e alla sua deriva finaziaria (vista come un flusso slegato da un fare).

Dalla questione del giusto prezzo, alla (infausta) sovrapposizione tra mercato e capitalismo, dal necessario impegno per un’etica che ingabbi, capendolo a fondo, il denaro alla trasformazione del denaro stesso in qualcosa di simile a un solvente universale, capace di corrodere ogni oggetto su cui si posa e ogni relazione che attraversa (caso tipico analizzato da Dagognet: la fiducia), secondo un principio che si potrebbe definire del «solve e non coagula».

La «philosophie de la monnaie» proposta da Dagognet è «déroutante» proprio perché rende possibile quella svalutazione-rivautante, la «parakharaxon to nomisma» già invocata dagli antichi filosofi cinici, la sola, forse, che può ricondurre l’esistenza della moneta nell’alveo di una concreta scienza della ricchezza e del lavoro, non della speculazione.

Perché è quando entra in crisi il lavoro che, lascia intendere Dagognet, si liberano le forze più ostili alla materia, agli oggetti, alle cose.

tysm literary review

vol. 16, issue 21

january 2015

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