Non tutto il male
Dario Borso
Una generazione giusta separava Alfred Jarry (1873-1907) da Guy de Maupassant (1850-1893): quasi a segnare il passaggio, l’anno stesso in cui morì il secondo, Père Ubu annunciava da “L’écho de Paris” la nascita della patafisica.
Bretone l’uno, normando l’altro, limitrofi lo furono anche per esperienze liceali sorprendentemente analoghe. Se è arcinoto infatti che Ubu nacque sui banchi di scuola, pochi sanno dell’Union des Crépitiens [da Crepitus, dio dei rutti&scoregge], i cui drammaturgici pilastri furono Robert Pinchon (nome d’arte Baschetto) e il nostro Guy (Susino): gags a valanga, finché sfornarono Foglia di rosa, commedia degli equivoci ambientata in un bordello turco con tanto di ombeliscazzo in cartapesta a centro scena.
Poi invece di proseguire gli studi, Guy preferì un impiego parigino, al Ministero della Marina, dove aveva tempo per tutto: leggere, scrivere, vogare, fottere… sotto l’occhio complice di Gustave Flaubert, il quale però cercava d’imbrigliare la vena rabelaisiana del coco lubrique nelle strette del verso. Risultato? La donna barbuta, poemetto osceno… Solo che, insieme al successo (da Zola ai Goncourt ne parlavano tutti) giunsero i primi sintomi: palpitazioni, inappetenza, caduta dei capelli…
La lettera del 2 marzo 1877 che traduco qui sotto, di Susino a Baschetto, sbucò quattro anni fa a un’asta parigina (la desumo gratis dal catalogo di vendita).
Non indovinerai mai la meravigliosa scoperta che il mio dottore ha appena fatto in me – mai, no mai –. Visto che i miei peli completamente caduti non rispuntavano, che mio padre mi piangeva attorno e i lamenti di mia madre giungevano da Etretat fino a qui, ho preso il mio dottore per il bavero e gli ho detto: “Idiota, trova cos’ho o ti sfondo –”. Lui mi ha risposto “La sifilide”. – Confesso che non me l’aspettavo, ci sono rimasto di stucco, infine ho detto: “Il rimedio?”. M’ha risposto: “Mercurio & ioduro di potassio”. Andai da un altro Esculapio ed espostogli il caso mio gli chiesi il suo parere. M’ha risposto – “Vecchia sifilide risalente a 6-7 anni fa che dev’essere stata comunicata attraverso una chiazza mucosa ormai scomparsa” – “Rimedio?” – “Ioduro di potassio & mercurio”. Diversi sintomi cui non attribuivo importanza sono serviti a fare questa scoperta straordinaria. Insomma da 5 settimane prendo 4 centigrammi di mercurio e 35 centigrammi di ioduro di potassio al giorno e mi trovo benissimo. Finirò per fare del mercurio il mio cibo ordinario. – I capelli cominciano a ricrescermi, le sopracciglia si annunciano con una lieve linea più scura sopra gli occhi – I peli del culo spuntano a ciuffi, il cuore va non male e lo stomaco meglio. Ho la sifilide! Finalmente! Quella vera!! Non lo spregevole scolo né la clerical uretrite né le borghesi creste di gallo o i condilomi leguminosi – Nonò, la gran sifilide, quella di cui è morto Francesco I. La sifilide semplice e maestosa; l’elegante sifilide la cui etimologia è: sus – maiale – e filia – il che significa indistintamente: amo i maiali, o: i maiali mi amano, o: amo alla maiala. Ho la Sifilide, senza il noioso contorno di piaghe, senza i putridi bubboni, senza le brutture esteriori – (avrò piaghe al naso solo più avanti), e ne son fiero perdinci! e sprezzo dall’alto tutti i borghesi. Alleluia ho la sifilide, di conseguenza non ho più paura di beccarla, e scopo le puttane di strada, le battone agli incroci, e dopo averle scopate gli dico “ho la sifilide”. E loro hanno paura e io invece rido, la qual cosa mi prova che sono assai superiore. Ma… a questo proposito… tu che hai dormito con me quest’estate…… Vai a visitarti caro mio, potresti averla benissimo.
Alla lettera Guy allegava un poemetto, inviato fresco fresco a Flaubert stesso, che annotò: “degno della Donna barbuta”. Ne traduco solo il titolo, relegando il testo in nota: 69. [1]
Nota 1: Salut, grosse Putain, dont les larges gargouilles / Ont fait éjaculer trois générations, / Et dont la vieille main tripota plus de couilles / Qu’il n’est d’étoiles d’or aux constellations ! / J’aime tes gros tétons, ton gros cul, ton gros ventre, / Ton nombril au milieu, noir et creux comme un antre / Où s’emmagasina la poussière des temps, / Ta peau moite et gonflée, et qu’on dirait une outre, / Que des troupeaux de vits injectèrent de foutre / Dont la viscosité suinte à travers tes flancs ! / Ca, monte sur ton lit sans te laver la cuisse ; / Je ne redoute pas le flux de ta matrice ; / Nous allons, s’il te plaît, faire soixante-neuf ! / J’ai besoin de sentir, ainsi qu’on hume un œuf, / Avec l’acre saveur des anciennes urines, / Glisser en mon gosier les baves de ton con, / Tandis que ton anus énorme et rubicond / D’une vesse furtive égaye mes narines ! / Je ne descendrai point aux profondeurs des puits ; / Mais je veux, étreignant ton ventre qui chantonne, / Boire ta jouissance à son double pertuis / Comme boit un ivrogne au vagin d’une tonne ! / Les vins qui sont très vieux ont toujours plus de goût ! / En ta bouche à chicots, pareille aux trous d’égout, / Prends mon braquemard dur et gros comme une poutre. / Promène ta gencive autour du gland nerveux ! / Enfonce-moi deux doigts dans le cul si tu veux ! / Surtout ne crache pas quand partira le foutre !
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ISSN:2037-0857