Versi per l’esilio
La parola poetica, suggerisce José Ángel Valente, può sperare di ritrovare un proprio «centro» solo sgombrando il campo dagli «affanni individuali», riducendoli a una somma zero – «piano piano mi addentro, mi studio con rara pazienza, denuncio a uno a uno i miei affanni» – prima di liberarsi nel «vuoto» e nella rimozione totale della «propria storia».