La letteratura in tempi oscuri: la lezione del Levante di Mircea Cărtărescu
Che cosa può la letteratura in tempi oscuri? La lezione del Levante di Mircea Cărtărescu // di Marco Dotti
Che cosa può la letteratura in tempi oscuri? La lezione del Levante di Mircea Cărtărescu // di Marco Dotti
“La poesia non si sente né col cervello, né col cuore”, scriveva Nabokov, “ma con la spina dorsale”. Nessun autore, se non è un artista, riesce a darti il brivido nella schiena, l’orgasmo finale che è lo scopo dei degustatori raffinati. A questo livello della grande costruzione trovi i creatori di forme e miracoli estetici, trovi le Solitudini di Gongora e Salammbô e Alla ricerca del tempo perduto e Finnegans Wake e Lolita e L’arcobaleno della gravità. Se la letteratura fosse fatta di parole, come diceva Mallarmé, Nabokov sarebbe il più grande scrittore al mondo. Ma la letteratura non è fatta di parole.
Se il mondo fosse schiacciato su un piano infinito, che non concede fughe, «la terza dimensione sarebbe inimmaginabile per i nostri cervelli di carta». Ecco perché, scrive Mircea Cărtărescu, i personaggi in una fotografia sono immobili, rigidi, non tentano di sottrarsi, non conoscono le forme dell’esodo o dell’esilio.