Toccare il pensiero
Gianluca Pulsoni
Jean-Luc Nancy, Indizi sul corpo, a cura di Marco Vozza, Ananke, Torino 2009.
I grandi autori sono sempre voci così singolari, profonde, squillanti che ogni volta che lasciano tracce del loro passaggio, creano sempre spunto e motivo di discussione, di incomprensione e anche di non condivisione, continuando un ininterrotto discorso del senso. Specie se poi questi grandi autori si e ci interrogano, con il loro lavoro, su degli argomenti capitali della contemporaneità.
Ecco allora che un esempio abbastanza flagrante di questa “situazione” ci viene da una pubblicazione, recente, che è uscita per una delle case editrici italiane tra le più interessanti, per proposta e apertura, che oggi si affacciano nel nostro panorama editoriale: l’ Ananke di Torino.
Nello specifico, ci riferiamo a una collana di questa casa editrice, quella di filosofia, diretta da Marco Vozza (segnaliamo tra le loro uscite il libro di Didier Anzieu su Francis Bacon): e, nello specifico, il libro in questione di cui abbiamo accennato, è una raccolta di saggi e interventi di Jean-Luc Nancy, sul tema del corpo, dal titolo Indizi sul corpo.
Ora, partiamo da una certezza e una premessa, Jean-Luc Nancy e il valore di questo libro. Nancy è un pensatore importantissimo, si sa, perché uno di quei “grandi autori” che resistono oggi, come un coro che sa e può ancora avere “voce” nel risolvere e chiarire le problematicità e le aporie del presente; il valore di questo libro è invece da intendersi nella sua strutturazione: in forma chiara, organica, progressivamente sviluppa – e in maniera stratificata, dopo una introduzione concettualmente densa di Marco Vozza – le tracce più importanti di una delle filosofie del corpo più decisive del Novecento e oltre. Fornendo un paesaggio chiaro della costellazione di tutti i segni filosofici a cui fa riferimento, nel suo percorso sul corpo, il filosofo francese: dalla poesia (attraverso Rimbaud); alla storia della filosofia (con la de-costruzione del dualismo cartesiano); dalla prosa poetica a quella d’arte (a partire dalle immagini di Jacques Damez).
Trasversalmente, e a margine, possiamo oltremodo caratterizzare con due precisazioni questo libro: come un vero e proprio piccolo manuale portatile di filosofia del corpo di Nancy, che nella sua “densità” riesce a ricapitolare temi decisivi del percorso del filosofo, esplicati e lavorati altrove in maniera più approfondita (la rivisitazione del tema dell’ “anima”; l’io in Cartesio; l’estensione e il senso del tocco, l’immagine etc.); e, inoltre, come una prova vera e propria che espone il lavoro – ovviamente riflesso, data la mediazione della traduzione italiana – dell’autore sulla lingua. Alla ricerca di una tensione elastica, del suo tono specifico: perché, come dice lui stesso, ‹‹un corpo è dunque una tensione. E l’origine greca del termine è ‹‹tonos››, il tono. Un corpo è un tono […]. Quando il corpo non è più in vita, non ha più tonus, si trasforma o nel rigor mortis (la rigidità cadaverica) oppure nell’inconsistenza del marciume. Essere un corpo significa essere un certo tono, una certa tensione. Dirò inoltre che una tensione è anche una tenuta››.
Completa il libro una breve eppur significativa intervista al filosofo. Occasione in più per sentirlo parlare direttamente e affermare ancora una volta, con sibillina chiarezza, la relazione che lega pensiero e corpo: ‹‹Che cos’è un pensiero “della nostra epoca”? Un [pensiero] che sa, allo stesso tempo, riprendere tutto dallo stesso punto d’inizio degli altri – d’ Aristotele, di Cartesio o di Heidegger – e che sa anche che questo stesso punto di partenza oggi comporta un presupposto peculiare: che non c’è oggetto. Non ci sono più oggetti di pensiero, non ci sono più pensieri su o a proposito di oggetti. C’è un peso […] che è il peso su di noi di un mondo privo di scappatoie. […] Ecco perché “il corpo” ed ecco perché “il corpo” preso come destinatario e non come oggetto di scrittura››.
Ed ecco allora che questo “peso” può renderci possibile toccare la continua e sempre non-detta esposizione del corpo, e le sue emissioni, al suo essere altro: nel suo farsi e disfarsi, in un movimento che crea estensione, che è estensione. Formando una rete, questa, perennemente metamorfica, dove ad esporsi ed elaborarsi c’è un pensiero all’opera: toccato dalle grazie e disgrazie del corpo stesso, capace di sommuovere e far ricominciare ogni volta tutto. Come le onde del mare.