Una scuola senza Stato?
di Giorgio Bassani
Come professore vorrei segnalare questa mia esperienza. Ho fatto il professore per tre anni di seguito, con grave mio disagio perché mi obbligava ad alzarmi in ore antelucane, viaggiare in autobus, ecc. e poi insegnare in aule senza riscaldamento.
Ho fatto quindi il professore nella scuola d’arte di Velletri. Non vi illuda la parola “scuola d’arte”. In realtà non si insegna l’arte. Sono ragazzini che sembrano usciti dalle caverne, non parlano assolutamente l’italiano, parlano un dialetto che è romanesco che sente già l’influenza del sud, un dialetto barbarissimo, composto di pochissime parole e lontanissimo dalla lingua nazionale.
Ora io dovevo spiegare – scuola d’arte significa d’arte e mestiere; si avviano questi poveri ragazzi, loro dicono, a diventare operai specializzati – io dovevo dunque spiegare la traduzione dell’Odissea del Pindemonte. Ora la traduzione dell’Odissea del Pindemonte è forse il testo poetico più difficile della letteratura italiana, difficile come lingua: Nessuna parola di quel testo, o pochissime, corrispondono all’italiano parlato correntemente.
C’è una deformazione così manieristica, neoclassica, imposta a tutte le frasi: Ad esempio “ Comangue che lubrico si convolve…” ora questo è un verso di Pindemonte che io dovevo spiegare a dei ragazzini che non sanno nemmeno che tavolo in italiano è il tavolo. … È una cosa terribile.
Ora, questi ragazzini venivano avviati alla scuola come dei poveri porcellini, così, sporchi, laceri,senza una penna, senza una gomma, senza un libro, senza un abbecedario.Non avevano nemmeno assolutamente la possibilità di comperare questi libri.
La scuola, lo Stato provvedeva però e li riforniva di un abbecedario, di un sussidiario, di una enciclopedia che stava in un armadietto di fianco alla cattedra. Non so nemmeno se fosse una cattedra: era uno sgabello dove io stavo, naturalmente con il paletot.C’era dunque un armadietto di antologie che venivano distribuite da me prima della lezione: Non glieli regalava nemmeno lo stato a questi ragazzini, non lo regalava nemmeno: ed era, vi garantisco, il più scalcinato, inverosimile, il più pascoliano di quart’ordine degli abbecedari che io abbia mai visto … e lo stato non aveva nemmeno il coraggio, la forza di donare quel simbolo della cultura…
Ora io ho raccontato questo episodio per dire limitatamente, entro certi campi, io sarei estremamente favorevole ad un intervento dello stato nella cultura e nelle cose della cultura.
Nella scuola e in questi casi è assolutamente indispensabile che lo stato e faccia e provveda e regali e butti via i soldi e non dia solo libri, ma cartelle, e anche scarpe per permettere ai ragazzi di venire a scuola … l’intervento dello Stato qui è necessario ….
Nel campo della scuola, ad esempio e in queste cose necessarie e fondamentali, ogni intervento statale, ogni partecipazione della macchina e della burocrazia dello stato è indispensabile. [1955]
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ISSN:2037-0857