Ci vuole coraggio per andare sulla luna
di Christian Marazzi
Che ci sia bisogno di un profondo cambiamento di paradigma, di un nuovo orientamento dell’economia capitalista così come è venuta configurandosi in questi anni, non sembra esserci più alcun dubbio. Che lezioni dobbiamo trarre dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008? Le banche “troppo grandi per fallire”, quelle stesse che sono state all’origine della crisi, sono state salvate; negli anni successivi le banche centrali hanno iniettato miliardi e miliardi nel sistema nel tentativo di rilanciare (riflazionare) l’economia; le politiche monetarie, non accompagnate da alcuna strategia di investimento e da stimoli fiscali, hanno di fatto favorito i mercati finanziari, come pure le aziende più inquinanti, la cui crescita è stata possibile grazie a tassi d’interesse bassissimi; le disuguaglianze sono cresciute, penalizzando soprattutto le giovani generazioni e l’ambiente.
In questo stesso periodo, le grandi aziende tecnologiche (le cosiddette high tech, come Apple, Amazon, Google, Facebook, ecc.) hanno guidato la ripresa del mercato ma, come ci ricorda Rana Foroohar, potrebbero essere proprio loro a giocare il ruolo del guastafeste, e questo grazie a operazioni di ingegneria finanziaria del tutto perverse: a parte la sistematica evasione fiscale, l’enorme liquidità che hanno accumulato in questi anni l’hanno investita in portafogli obbligazionari offshore, cioè all’estero, comportandosi come vere e proprie banche (ma senza sottostare alla regolazione bancaria!). Queste stesse multinazionali si sono indebitate fortemente in virtù dei bassi tassi d’interesse, ma invece di investire hanno riacquistato le loro stesse azioni (buyback) e distribuito lauti dividendi. Senza parlare del “capitalismo della sorveglianza” che hanno contribuito a costruire con l’appropriazione indebita dei nostri dati personali…
Ben venga, quindi, il Green New Deal, il piano di riforme economiche ambientali lanciato dalla neopresidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: una rivoluzione, a giudicare dall’ampio spettro di interventi che hanno energia-clima-ambiente come denominatore comune.
“È il nostro momento uomo sulla luna”, ha detto la presidente, il che potrebbe essere vero, dato che si tratta sicuramente di un nuovo orientamento della crescita economica futura che, come per il New Deal rooseveltiano degli anni Trenta, potrebbe permettere all’economia di uscire dalla stagnazione secolare con nuova e migliore occupazione e, per quanto riguarda l’Europa, potrebbe darle finalmente un’identità, sovranisti permettendo, va da sé.
Senonché, la scelta del Green New Deal comporta la mobilitazione di ingenti quantità di soldi già a partire dal prossimo anno e fino al 2050. Non basterà certamente l’Unione europea, con lo stato finanziario precario dei suoi Stati-membri, a veicolare gli investimenti necessari alla realizzazione degli obiettivi di sostenibilità climatica. Ci vogliono i grandi investitori, quelli che il mercato… lo fanno, fra i quali le banche centrali, come la Banca nazionale (la Banca nazionale svizzera, ndr), che ha un sacco di soldi investiti sui mercati borsistici.
Ma, come ha osservato con lucidità Sergio Rossi in un suo intervento recente (“Plusvalore”, 9,12, 2019), se davvero si vuole imprimere una svolta, occorre essere conseguenti, ossia disinvestire dalle aziende che danneggiano l’ambiente e puntare su quelle favorevoli alla crescita sostenibile. A noi risulta che il portafoglio della Banca nazionale sia fortemente sbilanciato a favore delle imprese multinazionali dell’high tech, la cui crescita non ha nulla a che fare con l’ambiente, per non parlare della sostenibilità sociale. Ogni svolta ha bisogno di coraggio. Un coraggio che per ora, vediamo solo nei giovani e nelle loro mobilitazioni.
[cite]