philosophy and social criticism

Costa Gavras mémoires

di Giulia Zoppi

Costa-Gavras, Va là où il est impossible d’aller – Mémoires,Editions du Seuil, 2018, 25 euro

Dalla sua nascita in Grecia nel 1933, al suo ultimo progetto cinematografico, un adattamento del libro dell’economista Yanis Varoufakis, Conversation Between Adults; dal suo arrivo in Francia con una compagnia di danzatori greci, al suo assistentato con Claude Pinoteau, Jean Giono, Jacques Demy o Henri Verneuil; per non dire del suo primo lungometraggio con un cast di primo piano, Compartiment tueurs(1965), o del suo ruolo come presidente della Cinémathèque Française, Konstantinos“Costa”-Gavras si racconta senza apparenti censure. Una vita intera, largamente dedicata al cinema è ciò che è mirabilmente raccontato nella sua autobiografia Va là où il est impossible d’aller – Mémoires, Editions du Seuil, 2018 (uscita in contemporanea anche in lingua greca, per i tipi di Gutenberg).

Con modestia e con grande cura per i dettagli e per gli aneddoti, Gavras ci svela la sua lunga ed impressionante serie di incontri nel mondo del cinema (Simone Signoret, Yves Montand, Chris Marker…) e della politica (Salvador Allende, Abdelaziz Bouteflika, per fare qualche nome), mescolando i suoi progetti cinematografici, ai ricordi di vita e di amicizia, dedicando riflessioni e pensieri alla sua vita familiare (sua moglie, la giornalista e produttrice Michèle Ray-Gavras, i suoi figli, tra cui Romain e Julie, loro stessi registi), come alle sue idee sul mondo, sulla politica e sull’economia attuale.

Come un romanzo, ma con passaggi reali che ci fanno sorridere (la reazione di uno studio americano al desiderio di adattare per il cinema la Condizione Umana di André Malraux) o commuovere (l’addio a Simone Signoret, che, dal suo letto d’ospedale, lo ammonisce con un laconico e straziante: “Non perdiamoci di vista, eh?”), Va là où il est impossible d’aller, è un’opera importante e delicata, intelligente e profonda.

Risulta subito chiaro che queste cinquecento e poche pagine avrebbero potuto essere un migliaio, tanta è l’esperienza dell’uomo e del cineasta, ma seppur compressa, la storia scorre in modo avvincente, ricca come è di particolari che si snodano in molti racconti inediti, narrati con stile sciolto e vagamente ironico. Vorremmo trascorrere più tempo con il giovane studente dell’ IDHEC, per saperne di più sul suo incontro con Frank Capra o John Ford, per condividere i segreti di ogni sequenza dei suoi film e i dettagli della loro gestazione… tuttavia l’’autore di ZL’AveuMissingThe CouperetAmen, Capital  e tante altre pellicole, non si risparmia, regalandoci ricordi sul cinema e sulla vita, che molto hanno a che fare con le sue origini greche, rivolte, come da consuetudine culturale, alla comprensione del mondo, attraverso il pensiero, l’analisi.

Il giovane greco, approdato nel 1955 a Parigi, con 110 dollari in tasca, farfugliando parole francesi, non immaginava che sarebbe diventato un’icona del cinema mondiale, impegnato in un’attività artistica intrisa di politica, pluripremiato e conosciuto ovunque. Con qualche ritrosia e molta dolcezza, Costa-Gavras racconta la storia di un viaggio eccezionale che diventa una grande sorpresa per noi lettori /spettatori.

Suo padre era stato un partigiano comunista, ferocemente antitetico al regime dei colonnelli e, a causa della sua attività clandestina, dové soffrire molte restrizioni, privando Konstantinos degli studi, come successe a molti altri giovani durante gli anni del dopoguerra. 

Per questa ragioneKonstantinos, per potersi iscrivere all’università, è costretto a emigrare per aggirare il divieto. La scelta cade su Parigi dove si iscrive alla Sorbona, proprio adue passi dalla cinetecache egli frequenta assiduamente. I film, proiettati e presentati dettagliatamente dal suo fondatore, Henri Langlois, lo aprono a una nuova forma di espressione e gli danno l’idea di iscriversi all’ IDHEC. Il resto è una fiaba. Diventa subito assistente di Claude Pinoteau, ben presto si trova a lavorare con Yves Allégret, René Clair, Henri Verneuil e Jacques Demy … mentre ha la fortuna di incontrare alcuni attori al loro debutto, tra i quali Catherine Deneuve, Alain Delon, Jean-Pierre Cassel, Claude Berri, Philippe Noiret, Claude Rich … Il suo incontro nel 1963 con Simone Signoret e Yves Montand durante la lavorazione del filmLe jour et l’heuredi René Clément poi, sarà decisivo, sia sul piano umano che su quello professionale.

Costa-Gavras rivela le sue scopertedietro le quinte delle produzioni e delle riprese, dove ha sovente legato il suo talento a quello di molte star, spesso ingovernabili, abbandonandosi ai ricordi. 

Politicamente schierato dalla parte di Allende, alleato con la politica castrista a Cuba, non risparmia critiche al frequente interventismo americano, pur lavorando spesso con gli Studios; si rivela presto un vero campione di diplomazia nell’evitare la trappola di Hollywood, sempre molto efficace nell’omologare i talenti provenienti da altri Paesi.

Tuttavia, sotto la già citata modestia, appare un uomo più complesso, specie nel rivendicare le sue origini, a lungo vissute attraverso sentimenti contraddittori. Felice di essere diventato amico di molte stelle del cinema, Gravas è incapace di rifiutare una ricompensa o un onore. Orgoglioso della sua familiarità con alcuni grandi di questo mondo, nelle sue considerazioni personali, assume spesso un atteggiamento molto severo nei confronti del suo impegno di uomo e di artista. La sua è un’avventura umana molto avvincente, sia per i numerosi successi conseguiti al cinema, che per i rifiuti opposti alle Majors,tra cui si annovera il rifiuto di girare una pellicola di grande successo come Il padrino. Non solo, nella sua lunga carriera ha respinto un manoscritto di Solzhenitsyn che doveva diventare sceneggiatura, si è opposto con un secco no al coinvolgimento di attori come Robert Redford o Sharon Stone per i suoi film americani, si è dichiarato irrimediabilmente indisponibile all’opportunità di candidarsi alla presidenza greca.

Gli aneddoti abbondano, ma non sono maliziosi, anzi, ci aiutano a capire come un “esule” abbia saputo dividere anima e corpotra due Stati e due culture, quella greca e quella francese, abbracciandole entrambe felicemente, specie nelle sue opere.

Il titolo di queste memorie, ricordano il motto di Star Trek “dove nessun uomo è mai giunto prima” e anche sequeste cinquecento pagine non ci trascinano oltre la biosfera, offrono a modo loro, un panorama degli ultimi cinquant’anni di storia del mondo occidentale.

Pochi cineasti – a parte alcuni registi italiani come Francesco Rosi o Gillo Pontecorvo – hanno saputo presentare in modo così luminoso ed “educativo”   questioni estremamente complesse. Lo stesso Losey ha parzialmente fallito l’obbiettivo quando ha girato Les Routes du sud, anche se durante le riprese è stato sostenuto da Montand e dallo sceneggiatore Jorge Semprun, entrambi vecchi complici di Costa-Gavras.

Comunque sia, poche memorie di cineasti ci fanno viaggiare tanto e naturalmente, come queste. 

Tuttavia, due cose possono indispettire il lettore. Il primo è l’ostinazione del regista nel difendere alcuni dei suoi film poco riusciti. Hanna K., ad esempio, le cui intenzioni sono certamente encomiabili, ma non all’altezza delle aspettative.  L’altro aspetto che per taluni può ritenersi fastidioso, è racchiuso nell’ultima parte del libro e ha a che fare con una feroce denuncia contro il liberalismo che Gavras definisce, senza troppe perifrasi, come Satana.

Un diavolo nato oltre oceano, in quegli USA che, comunque, gli hanno permesso di girare diverse pellicole come Missing e Music Box, Mad City e The Right Hand of the Devil. In questo Gravas resta indubbiamente un Autore europeo, il cui estro è ancorato ad un’idea di cinema lontana a quella hollywoodiana, al punto che le sue opere americane sono spesso meno incisive e profonde rispetto alle altre produzioni (e sarebbe interessante sapere se in America abbia subìto restrizioni o censure di sorta).

La ragione della malinconia che pervade le ultime pagine di quest’opera è da ricercarsi probabilmente nello scorrere degli anni e la sopravvenuta vecchiaia. Egli scrive di avere paura quando si rende conto che, nel momento in cui si decide a scrivere la sua vita, ha oramai l’età in cui Buñuel dichiarò di voler smettere di girare. 

Certo, attualmente ha un progetto in piedi e Manoel de Oliveira, o il capo operatore Jack Cardiff, hanno lavorato ben oltre i novanta anni …ma sappiamo che queste sono solo felici eccezioni.

Tra pochi giorni comunque, Gavras compirà ottantasei anni e sembra ancora pronto ad affrontare altre sfide. Non vediamo l’ora di scoprire cosa saprà fare al cinema col saggio dell’economista greco Varoufakis. La speranza è quella di ritrovarlo brillante e combattivo nel mostrarci una storia che ha origine nella terra che gli diede i natali.


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TYSM REVIEW
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ISSN: 2037-0857
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