L’orologio di Cacciari
Dario Borso
L’altro giorno sfogliavo in biblioteca Dalla parte dei vinti. Memorie e verità del mio Novecento (Mondadori 2010), autobiografia intellettuale il cui autore, Piero Buscaroli, si definisce spavaldamente “un superstite della Repubblica Sociale Italiana, in territorio nemico”… finché l’occhio m’è caduto sullo zio, “l’ingegner Gino Cacciari da Medicina presso Bologna, che assai giovane era divenuto direttore dei Cantieri Navali di Venezia. Dei suoi tre figli il secondo, Pietro, fu medico di alta fama. Combatté in Russia con la divisione Tridentina e, rientrato il corpo di spedizione nel 1943, fu trattenuto negli ospedali militari tedeschi fino agli ultimi giorni della guerra”. Fu “un amico della vita e dell’anima”, a differenza del figlio Massimo Cacciari di cui Buscaroli riporta stizzito il passo di un’intervista a Libero: “il fratello di mia madre, Cesare Momo, aveva aderito alla Repubblica di Salò. L’orologio che porto è il suo. Fu fucilato dai partigiani durante la guerra” – e contrattacca: “Si aderisce a un’opinione, a un partito, non a un esercito. E Cesare, nato il 4 aprile 1918, militava quale tenente nella Divisione Alpina Monterosa della RSI, Battaglione Bassano”. E poi il fattaccio non avvenne durante ma dopo la guerra, il 5 maggio 1945, a tradimento: “la pattuizione della resa, il lurido inganno, la crudeltà con cui 12 giovani ufficiali vennero uccisi senza imputazioni e senza processo tolgono ai partigiani ogni dignità e onore personale e militare. Un tempo ormai lontano si biasimava chi mentiva ‘sapendo di mentire’. Non è possibile che sua madre, mia cugina Gilda Cacciari, non avesse raccontato al comunistino che le cresceva accanto” ecc.
Più in là non ho letto, perché m’è venuto da obiettare. Innanzitutto: “trattenuto negli ospedali militari tedeschi” come paziente o come medico? Reduce dalla Russia, l’8 settembre 1943 Pietro Cacciari poteva o farsi partigiano (come Nuto Revelli, pure lui della Tridentina) o finire in un Lager (come Rigoni Stern, pure lui della Tridentina)… Ma soprattutto: l’unica fonte che Buscaroli accredita riguardo al fattaccio è il memoriale La tariffa (Il Mulino 2000) di Vincenzo Costa, federale repubblichino di Milano fino al 25 aprile 1945, che (salvato da un partigiano mentre tentava il suicidio, condannato a 19 anni e uscito dopo 4) udì la versione da ufficiali superstiti del Battaglione Bassano reclusi con lui a San Vittore…
La cosa strana è che Buscaroli ignori la Storia del Battaglione Bassano 1943-45 (Scarabeo, 2007), una monografia di 260 pp. scritta da Claudio Bertolotti, il quale non solo utilizza documenti inediti, ma in più è un fascistone della sua risma.
(leggi la seconda puntata, “L’orologio di Momo”, cliccando qui)
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ISSN:2037-0857