philosophy and social criticism

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Il fallimento della rivoluzione: Lev Šestov

In mezzo alle inevitabili, ma ormai non troppo giustificate, celebrazioni della rivoluzione russa, ecco qui per noi una voce per tanti versi eccentrica e che, soprattutto, ci risparmia tanta retorica e tanta mitologia ancora oggi assai diffuse sull’ottobre del 1917: la voce di un filosofo russo fra i maggiori, e di un rivoluzionario che è stato un nemico dei dispotismi rivoluzionari: Lev Šestov

Norman Manea, la lingua madre della verità

In principio era la parola, dicono gli antichi «Per me, la parola del principio fu romena». Nato in Bucovina nel 1936, in una regione al tempo fortemente animata dal plurilinguismo (romeno, yiddish, ucraino, polacco, lo slavo dei ruteni e poi il francese dei commerci e il tedesco delle élites), gli anni dell’infanzia – cinque, dall’ottobre del 1941 all’aprile del 1945 – trascorsi in un campo di concentramento in Transnistria, Norman Manea inizia così la propria riflessione su quella che ama chiamare la «lingua nomade», la «lingua domicilio», la «lingua placenta». Questa lingua nomade, domicilio e placenta per lui era e continua a essere il romeno.