Narrazione che si fa quadro, il quadro vivente è qualcosa di ben distinto dalla posa (pittorica, poi fotografica, più tardi cinematografica), sempre finalizzata alla produzione successiva d’un oggetto smerciabile, e si apparenta semmai al teatro, da cui si differenzia per il carattere semi-privato e per definizione amatoriale. Prendiamo Klossowski, per esempio
«Perché ho scritto questo romanzo?», si chiede Dalí. «Io trovo il tempo per fare tutto quello che voglio e volevo scrivere questo romanzo» e poi «la storia contemporanea offre una struttura eccezionale per un romanzo sull’evoluzione e i conflitti delle grandi passioni umane, e perché la storia della Seconda guerra mondiale, e in modo più specifico la storia del fortunoso dopoguerra, doveva fatalmente essere scritta».
Non bisognerebbe mai trascurare quanto dice il Primo libro del Capitale: «Mentre si cessava di mandare al rogo le streghe, in Inghilterra si cominciò a mandare alla forca i falsificatori di banconote»: il capitale aveva vinto, anche mediante il rogo delle streghe; adesso quella strage diventava inutile e si ricominciava con i traditori del nuovo dio: il denaro
L’Etranger qui m’a pris tel quel, au jour de Sa colère, inerte dans Sa main comme le gecko des sables, a bouleversé, petit à petit, tous mes réflexes acquis, toutes mes précautions, et mon respect humain. Par un renversement des valeurs, Il a transmué ma tranquillité relative de possédant en misère de pauvresse.
Chi è Kaspar Hauser, il “ragazzo selvaggio”? Egli porta addosso i segni di un forte isolamento e di abbandono: non parla, limitandosi a pronunziare poche parole dalle quali sembra trapelare una distante familiarità con il polacco e l’ungherese, ha gli occhi completamente disabituati alla luce solare che gli procura dolore è attraversato da una profonda paura nei riguardi di un mondo che gli è estraneo.
A partire dal 2009 e fino a circa la metà dello scorso anno, i 15 paesi emergenti, tra cui in particolare Cina, Russia, Corea del Sud, Taiwan e Tailandia, hanno conosciuto un forte e continuo afflusso di capitali dai paesi occidentali più colpiti dalla crisi finanziaria. Ma oggi la situazione sta cambiando
libri, ha scritto il filosofo Jean-Luc Nancy, sono «facili da bruciare e tuttavia difficili da consumare. Sono materialmente il nostro pensiero, grave e fuggente, disponibile e segreto, ostinatamente condiviso tra di noi come la promessa di nient’altro se non di questo stesso commercio». Biblioteche e libri parlano di noi. I libri custodiscono le nostre gioie, ma anche le nostre solitudini. Ma sono solitudini che pulsano, non strazi inerti. Per questo il libro è temuto da politici e imbianchini, da tiranni grotteschi e da oligarchi del nord, da burocrati e persino da coloro che dovrebbero “conservarlo”, curarlo, rispettarlo, insegnarlo – e spesso ne tradiscono il mandato intimo, appellandosi alla lettera e non allo spirito della norma. Il libro è temuto, perché è un’esile, ma necessaria pietra d’inciampo in un percorso che rapido ci precita vero il niente.
Nella sottile e fulminea arte della memoria di traduttrice-interprete dantesca Jacqueline Risset riuscì (per riprendere un’altra idea di Fellini in dialogo con lei) a «ricordare l’irrappresentabile, l’informulabile», cogliendo quelli che lei stessa chiamò «istanti fuori della trama».
La forma di vita migliore e più simile a Dio è “giocare il gioco.” E prima di finire con queste considerazioni generali, dovrebbe capirsi che nelle società tradizionali tutti quei giochi e celebrazioni o rappresentazioni che ora vediamo come “sport” o “spettacoli” puramente secolari sono, strettamente parlando, “riti” nei quali gli iniziati possono comunicare solo; in queste condizioni, la “competenza” (kausalam) non è mai solo destrezza fisica, ma anche “saggezza” il cui senso basilare è precisamente “perizia”.
Il 9 aprile 1945, di prima mattina, il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer veniva assassinato nel lager nazista di Flossenbürg. La sua colpa – se di “colpa” possiamo parlare: aver preso parte alle cospirazioni antihitleriane. Avere “detto la verità”. Ma che cos’è, la verità?
“Si dice che Buddha sia stato convertito da un incontro con un malato grave. E è davvero un puro delirio se si crede oggi di poter o di dovere mettere da parte, mediante leggi, ciò che è malato”. Così scriveva Dietrich Bonhoeffer
Il 9 aprile del 1945 moriva impiccato a Flossenbürg Dietrich Bonhoeffer. La sua morte, a pochi giorni di distanza dal suicidio di Hitler e della fine della guerra, non ha nulla di casuale.
«In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto». Così affermava Antifonte, filosofo greco del V secolo a.C..