philosophy and social criticism

Archive for ‘Febbraio, 2016’

La malattia del lavoro

Al momento dell’Unità il lavoro era molto spesso un’esperienza discontinua. Ci si adattava trovando fonti alternative di sostentamento, esercitando diverse attività o spostandosi alla ricerca di un’occupazione. A fine Ottocento nasce una nuova consapevolezza: la mancanza di lavoro è una forma di ingiustizia contro cui occorre lottare.

Cinema come critica

Come non soccombere all’immaginario del capitale? Come scampare alla hybris che trasforma ogni tragedia in farsa? Con la critica e col cinema

Perché non sempre eravamo d’accordo: Eco su Pasolini

Sono vent’anni , affermava Pasolini, “che la stampa italiana, e in primo luogo la stampa scritta, ha contribuito a fare
della mia persona un controtipo morale, un proscritto”. Nella stampa c’era anche lui, Umberto Eco, che nel 1975 pubblicò un articolo sul “manifesto” con lo pseudonimo Dedalus. Pochi mesi dopo, la morte di Pasolini. E il chiarimento postumo di Eco

Marx e l’alchimia

Marx che rimette in gioco il discorso sull’alchimia, servendosene in metafore che lo aiutano a illuminare l’alienazione dell’economia politica dei capitale, ma anche a sottolineare la pietra filosofale del non-ancora-potere del proletariato. Il materialismo dell’alchimia, la sua concezione del nesso dialettico uomo/natura, la suo aspirazione prometeica ad un uomo nuovo, disalienato è quanto la può maggiormente avvicinare a Marx.

Moribondi di successo

Da qualche anno in qua, si notano soprattutto schede delle lotterie istantanee, schede giocate e perdute ovviamente. Ecco, oggi il nostro bisogno di miracoli, di una protezione allo stesso tempo sacra e profana, cristiana e pagana, soprannaturale e concreta, passa soprattutto dai “gratta&vinci”, e non più da altre risorse, come dai santuari con gli ex-voto e anche dal soccorso di uomini santi, di eremiti, con le loro vite esemplari e col loro potere straordinario.

Affamare la bestia: il metodo del New Public Management

“Affamare la bestia”, comprimerne i mezzi finanziari con la leva fiscale in modo da rendere “inevitabile”, costi quel che costi, l’adozione di metodi ben sperimentati nel passato recente nell’economia privata. Se non fosse per la sofferenza che provoca, l’opera di smantellamento graduale del servizio pubblico, che ha visto il laburista Tony Blair tra i suoi esecutori più ispirati, assomiglia sempre più a una commedia umana del lavoro.

Deleuze/Guattari: una vita in due?

«La mia collaborazione con Deleuze», osservava Félix Guattari «non è il risultato di un semplice incontro fra individui». Si trattava, per loro, «mettere in comune non tanto un sapere quanto un cumulo di incertezze e un certo smarrimento di fronte alla piega che avevano assunto gli eventi, dopo il maggio Sessantotto».

La fabbrica della disperazione: Franco Berardi e il disagio dell’«ipermodernità»

«Heroes. Suicidio e omicidi di massa» è probabilmente il libro più inquietante di Franco Berardi. Con il nuovo capitolo della «fenomenologia della fine» giunge infatti a piena maturazione un pessimismo radicale. Un pessimismo che, a ben guardare, non è però il prodotto dello «spirito del tempo» o della «mutazione antropologica» che abbiamo di fronte. Le sue radici affondano infatti nella logica di un percorso intellettuale lungo ormai quasi mezzo secolo, il cui esito paradossale è la ‘rimozione’ della politica e del conflitto dallo spazio della teoria.

La testa di Orfeo

La testa di Orfeo, infatti, viene mozzata, e gettata nel fiume Evros, il corso d’acqua che allora attraversava la Tracia, la terra che si estendeva tra l’attuale Grecia e la parte europea della Turchia. In sostanza il fiume che ancora segna il confine tra le due nazioni, quello che i migranti provenienti da est devono attraversare e discendere per arrivare in Europa. Come quella di Orfeo è la testa dei migranti. Che futuro annuncia, che sventura prefigura per una “europa” che non sa più essere Europa?

Lamento per san Giorgio

“San Giorgio non esiste, guidaci san Giorgio!”. Si concludeva così l’elogio scritto nel 1972 dal poeta armeno-polacco Andrzej Mandalian. Chi ucciderà il drago? Noi, i mansueti?

Capitalismo senza fine? Intervista con Anselm Jappe

Ora il capitalismo vive una fuga senza fine rappresentata soprattutto dall’indebitamento: indebitamento degli stati, indebitamento privato. Stando ai suoi stessi criteri di solvibilità, il capitalismo sarebbe già fallito da decenni. Può continuare a vivere solo grazie a una simulazione di profittabilità sempre più massiccia. E allora, ad ogni crisi finanziaria, aumenta sempre più il volume del credito in una disperata fuga in avanti, ed è facile vedere che questo non potrà durare per sempre.